Business as usual

09/10/2025

Colpisce l'accusa lanciata da Greta Thunberg nell'improvvisata conferenza stampa al suo rientro dalla missione della Flottilla a Gaza. L'attivista ha indossato i panni del profeta che si erge a sentinella nel deserto, accusando prima ancora di colui che commette un crimine quanti, intorno a lui, mettono in scena l'attendismo se non proprio l'indifferenza incarnata dall'espressione business as usual

Un'accusa senz'appello a chi detiene il potere di arretrare quando in gioco ci sono non interessi ma valori etici universali, su tutti il principio di giustizia legato a tutte le forme di violazione della vita umana e del pianeta. Perchè in fondo ben intangibili, al di fuori della disponibilità di chiunque.

Guerre e avvelenamento del pianeta sono le grandi sfide che oggi si ergono come macigni insormontabili sul cammino dell'umanità, quasi a metterne in discussione la stessa esistenza. E' dunque la cornice ultima in cui collocare l'attuale riflessione sul futuro dell'Europa.

L'Europa nella legislatura 2014 - 2019, guidata da Juncker con Timmermans al suo fianco, ha tracciato una nuova strada nel racconto globale della lotta ai cambiamenti climatici, dopo gli accordi di Parigi: quella di una politica che si scrollava di dosso le pastoie del business as usual, tanto c'è tempo, per passare in maniera brusca all'azione. E proprio in quanto chi in quel momento aveva la responsabilità di guidare l'esecutivo europeo era fermamente convinto che no, non ci fosse più tempo e che le cose stavano andando in maniera tutt'altro che usual.

E' bastata la guerra ed il protagonismo cattivo degli altri attori sulla scena globale per ri-convertire l'Europa alla moderazione nelle proprie ambizioni climatiche, argomentando che l'accelerazione in veste di regole èiù severe ra frutto di un impianto ideologico che rischiava di far precipitare l'economia dell'Occidente inadatta ai salti evolutivi, ma piuttosto a riconversioni tecnologiche nei tempi e modi congrui.

L'Europa del business as usual,  in attesa di sentirsi veramente pronta, parla il linguaggio della semplificazione normativa, che sotto la spinta dei nazionalismi che si affermano a macchia di leopardo tra i 27 stati membri potrebbe presto tradursi in deregolamentazione. E con il rinvio di un anno dell'entrata in vigore della legge sulla deforestazione mette in pausa la sua capacità di esercitare una pressione sui paesi terzi che violano il patrimonio comune dell'intera umanità.

Sembra lontana Gaza da tutto questo, ma non lo è.

Perchè la tentazione del business as usual  si annida potente nelle contraddizioni della guerra. E non ammette sconti: agire oppure restare muti nelle parole vuote della diplomazia effimera.

CLS 

 

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