Arrivano i campioni europei nel settore dei semiconduttori


8 febbraio 2022

Al commissario Thierry Breton non piace la parola "campione". O meglio, va bene se parliamo di campioni del calcio o di qualche altra disciplina sportiva, ma no, se parliamo di imprese la parola proprio non gli piace. Forse perché evoca una gara dove dovrebbe vincere il migliore, in teoria. Non quello che è pagato di più. Si perché oggi la Commissione europea ha compiuto un passo importante con l'adozione del Chips Act, una serie di misure che dovrebbero permettere all'Europa di limitare la sua dipendenza dall'estero e magari provare ad affermare una propria leadership nel settore dei semiconduttori e dei microprocessori. Si, proprio quei dispositivi che consentono alle nostre vite di essere sempre più tecnologicamente dipendenti. Che si tratti della sanità, dell'automobile, delle telecomunicazioni o della difesa, oggi la differenza si misura in nanometri, per cui il traguardo ora è rappresentato dalle nuove palette in silicio dello spessore di 1.4 nanometri. Ma...però c'è un ma. Grande quanto quel pilastro del mercato unico europeo che si chiama principio di libera concorrenza e che da sempre ha stabilito che gli aiuti di stato sono illegittimi perché alterano artificialmente la competizione tra imprese. Ora invece il Chips Act, oltre a mobilizzare 11 miliardi di euro, consente agli Stati membri - in via eccezionale nelle intenzioni della Commissaria Vestager, il che significa sino al 2030 - di derogare alle regole sugli aiuti di stato ed investire sino a 30 miliardi di euro in Progetti di Importante Interesse Comune Europeo e nelle c.d. Mega Fabbriche. In realtà, a forza di deroghe è dall'inizio della pandemia COVID-19 che gli aiuti di stato non sono più aiuti ma legittimi interventi di protezione. Con il risultato, certificato nell'ottava relazione sulla politica di coesione, che le disparità regionali sono in calo dal 2008, ma restano più grandi di quanto non fossero nel periodo precedente la crisi economica.

CLS

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