Tanto tuonò che piovvero.....armi

06/03/2024

Dunque, il dado è tratto. Due anni di guerra, e forse una transizione verde che si è rivelata cammino arduo e insidioso per i i costi sociali e produttivi di interi settori, hanno definitivamente spinto l'Europa a ridisegnare il futuro secondo linee inimmaginabili soltanto alcuni fa: un panorama prolifico e minaccioso di armi, ma , sia ben chiaro, made in Europe. 

E' strano, ma su tutto regna una grande ipocrisia. Nel manifesto adottato dal Partito Popolare Europeo in vista delle fatidiche elezioni europee si parla dei valori comuni e di una cultura giudaico- cristiana condivisa. Come perfetti sepolcri imbiancati, i politici del PPE dimenticano che proprio il massimo rappresentante del cristianesimo, Papa Francesco, ricorda al mondo intero che la radice del male è nella produzione di armi, perché, come diceva don Giussani, se produci migliaia di armi prima o poi qualcuno le userà.

Ma l'Europa ha paura. Ha paura del nemico esterno, che si chiama Russia e forse Cina, ed ha paura del nemico interno, di quell'odio neanche più tanto strisciante che inquina la sua linfa vitale e che si manifesta con episodi di intolleranza verso chi è debole, verso chi è diverso, verso chi da sempre è stato l'uno e l'altro ossia perseguitato a causa della sua diversità. Lo scorso dicembre la Commissione europea e l'Alto Rappresentante per la sicurezza e la politica estera hanno adottato una comunicazione congiunta, dal titolo " Nessuno spazio per l'odio in un'Europa che, unita, lo ripudia". Dopo lo scempio dell'odio di Stato del secolo scorso oggi constatiamo che esiste un odio anti-stato, semplice chiamarlo populismo, ma è molto di più. Comunque è in primo luogo odio.

L'Europa reagisce nella misura in cui può: immaginando di trasformare in prodotto economico un principio sfuggente, come la paura. E allora occorre chiedersi: basterà la paura a rendere i cittadini europei consenzienti alla nuova Europa che si profila all'orizzonte? E se è vero che se produci armi qualcuno prima o poi dovrà usarle, chi in Europa è disposto ad andare in guerra?

 

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Editoriale